domenica 11 febbraio 2018

11 Febbraio e Sanremo 68: il mio personalissimo pensiero

 AMICI MIEI 

archiviata anche la 68ª edizione del Festival della Canzone Italiana di Sanremo, io, che mi autodefinisco Sanremologo, non posso esimermi dallo scrivere il mio articolo giornalistico dedicato alla Kermesse di quest’anno. Il mio PERSONALISSIMO pensiero. Tranquilli, voi potete esimervi dal leggerlo.


Tralascio l’annosa questione “Lo guardo - non lo guardo - è uno spreco di soldi - e la gente muore di fame - povera Italia”.


CAPITOLO UNO - GGLAUTIO BAGLIONI Chi ci avrebbe scommesso? Nessuno. Vi ricorderete tutti quali erano le sensazioni diffuse quando “seppimo” che il nuovo direttore artistico sarebbe stato lui. Soprattutto perché tutti lo amiamo come cantante, ma storicamente si ritiene che sia un musone palloso. Personalmente avevo qualche perplessità ma non per il suo carattere: dopo “Anima Mia” sapevo per certo che avrebbe potuto fare qualsiasi cosa. Claudio “Agonia” Baglioni non esiste più. Inoltre i suoi spettacoli live, dall’epoca di “Oltre” in poi, sono sempre stati molto articolati, complessi, visivamente potenti. La mia perplessità riguardava l’aspetto più squisitamente televisivo. I tempi, i meccanismi, quelle cose lì. Invece Claudio ha vinto! Io stesso che sono un tipo scafato sono rimasto sorpreso dal fatto che lui, che non è un uomo di televisione, sia riuscito a fare quello che gli esperti di tv come Fazio o Conti non sono riusciti a fare negli anni precedenti: ha portato al Festival una “formula” di conduzione nuova. E non ha neanche fatto questa grande rivoluzione, ha solo fatto una scelta logica: ha chiamato a condurre una persona esperta nella conduzione! Pippo Baudo aveva introdotto le due vallette all’inizio degli anni ‘90 e da allora in poi, tranne poche eccezioni, si è sempre andati avanti così: un conduttore attorniato da bonazze, spesso straniere, che non avevano idea di cosa fosse un palco, di cosa significasse dialogare col pubblico, tenere il volante di una macchina complessa e potente come il Festival. Come affidare una Ferrari di Formula 1 a un conducente di autobus urbani, solo perché anche gli autobus sono mezzi di locomozione come una macchina sportiva.


CAPITOLO DUE - MASCELL HUNZIKER


La Hunziker invece ha anni e anni di esperienza nella conduzione il che non significa non fare errori, infatti non è stata “perfetta” nella conduzione, ma ha saputo gestire perfettamente gli imprevisti, gli errori, i tempi morti. Cosa che le bonazze degli anni precedenti non avevano proprio gli strumenti per fare, il fallimento era annunciato. Michelle non è neanche una bonazza propriamente detta, non per niente io la chiamo Mascell, però è spigliata, simpatica e carismatica e va come un treno: niente la può fermare. CAPITOLO TRE - PIERFRANCESCO FAVINO


Favino è il miglior attore italiano della sua generazione e anche di più. Meno conosciuto di Raul Bova, Luca Argentero e compagnia bella, soprattutto perché poco avvezzo al gossip, ha dato grandi prove al cinema italiano lavorando con i registi migliori, ed è molto amato anche a Hollywood dove ha lavorato con Ben Stiller (Una notte al museo), Ron Howard (Angeli e Demoni e Rush), Spike Lee (Miracolo a Sant’Anna) e Andrew Adamson (Le Cronache di Narnia) solo per citarne alcuni. E inoltre è attore e regista teatrale molto apprezzato. Nella sua carriera ha ricevuto una sfilza di premi lunghissima. Sanremo per lui è la meritata consacrazione, in un mondo in cui purtroppo è la tv a consacrare qualsiasi personaggio, che sia attore, cantante, sociologo o perfetto idiota. Favino è abitutao anche lui a stare sul palco, a stare davanti alla gente, a interagire col pubblico con un occhio vigile al dietro le quinte. La performance attoriale di sabato sera (definita “penosa” da Maurizio Gasparri, il che equivale a vincere un Nobel) non si era mai vista in tv da quando la tv trasmetteva gli spettacoli di De Filippo. (Persino nella serata di premiazione dei David di Donatello qualche anno fa affidarono il “momento recitazione” a un personaggio televisivo come Giorgio Panariello, con i risultati che potete immaginare). Era così difficile negli anni precedenti pensare di avere sul palco uno bravo anziché uno scarso?


CAPITOLO QUATTRO - VECCHIE GLORIE


Perdonatemi se ripeto che il mio è un personalissimo pensiero. La sensazione generale è che quest’anno la qualità media delle canzoni sia stata più alta del solto. Sono d’accordo è così. Perché è così? Forse perché sono tornati a Sanremo i bravi autori. Negli ultimi anni su venti canzoni in gara 5 erano di Kekko dei Modà, per esempio, o di Fabrizio Moro, il che, al di là della qualità, appiattiva parecchio la diversificazione. Sono scomparsi i tizi che vengono fuori dai talent, tranne quelli che hanno ormai una carriera indipendente da essi (Annalisa, Noemi, The Kolors), i quali dovevano per forza avere canzoni non belle ma “orecchiabili” per poter dare un senso e un guadagno a quei pochi mesi di vita che li aspettava. Un po’ come quella di Meta e Moro di quest’anno. Piattume. Quest’anno invece abbiamo potuto ascoltare Bungaro e Pacifico (unico barlume nella fallimentare edizione del 2004), un giovane come Diodato che ha potuto portare una SUA canzone, così come Rubino, i vecchietti come Facchinetti, Ron con una canzone di Lucio Dalla, Ruggeri e beh ormai possiamo considerare vecchietto anche Gazzè. Autori così diversi uno dall’altro. E le performance, con queste voci tutte diverse, non come negli anni scorsi in cui si faceva fatica a capire se stesse cantando questo o quello... E a proposito di performance... CAPITOLO CINQUE: I MIEI. 01) FACCHINETTI - FOGLI Sono parte della storia della musica italiana. Soprattutto Facchinetti, ci ha regalato 50 anni di grandi canzoni, spesso a torto ritenuto di bassa caratura o nazional popolare, in realtà con i Pooh ci ha offerto una sorta di “Pop Progressivo” dal primo all’ultimo album. Può piacere o no, ma alcune cose sono oggettive. Ora ha chiuso con i Pooh e vuole continuare a fare quello che sa fare. Poteva scriversi una canzone più semplice da cantare vista l’età avanzata? Forse sì, ma non sarebbe stato più lui. Facchinetti non ha più bisogno di dimostrare nulla, può andare lì a stonare come e quanto vuole. Lo sta facendo con il suo amico del cuore e già questa per lui è una vittoria. Il disco con Fogli è stato un flop e il tour stenta moltissimo a trovare date. Ma in che modo questo può davvero essere un problema per uno che ha 52 anni di carriera alle spalle? Già nell’82 cantava: “Chi mi conosce sa / che il mio suono è quello là” e nel 2011 concludeva l’ultimo disco di inediti dei Pooh dicendo: “Per chi un po' mi ama o sempre mi amerà / con la mia pronuncia e la mia dignità / questo sono io”. Roby è una leggenda, è un classico, e i classici possono fare e sopportare tutto. 02) RED CANZIAN È sempre stato il più rock e il più esterofilo dei Pooh e quest’anno ha portato tutta la sua carica a Sanremo, cantando una canzone tiratissima (tra l’altro il suo cantare un po’ “indietro” creava un effetto bellissimo), con voce potente e intonata, pagando dazio alla scarsa salivazione solo la sera della finale. Penalizzato nella classifica un po’ dal generale livello alto, un po’ dal fatto che anche lui è un ex Pooh e come tale maltrattato da certa critica. Il suo futuro commerciale appare più roseo di quello dei suoi ex compari, ma questa mia ultima considerazione è esattamente quello che non si dovrebbe più fare da qui in poi: smettiamola di paragonare la carriera dei solisti a quella degli ex compari. Ormai ognuno percorre la sua strada e sono strade divergenti.


03) ELIO E LE STORIE TESE Molti si sono lamentati per il fatto che la canzone di Elio non era la canzone divertente o musicalmente esplosiva e frizzante a cui ci hanno abituati negli ultimi 22 anni di Sanremo, ha dato fastidio il fatto che si siano in un certo senso “cantati addosso”. Il mio punto di vista è il seguente. Elio e le Storie Tese arrivano a Sanremo 2018 da gruppo già sciolto. Non hanno un disco da promuovere (cioè il disco nuovo c’è, ma non hanno bisogno di promuoverlo), non hanno una carriera futura a cui pensare, una nuova tournée, non avevano nessun interesse commerciale in questo Sanremo. Baglioni ha dato loro la possibilità di salutare, di dire arrivederci (occhio: non addio...) al loro pubblico Sanremese. E al loro pubblico tout-court. E loro questo hanno fatto. Io sono un fan. La canzone non parlava di loro, parlava di noi. Ci hanno fatto ripercorrere i passi che abbiamo fatto insieme, hanno toccato nervi che i non fan non hanno proprio. Le sottili citazioni a loro vecchi brani nell’arrangiamento, il fatto di lasciare gli strumenti e venire avanti a dire Arrivedorci. Noi abbiamo apprezzato. Noi ci siamo sentiti coccolati. Noi abbiamo pianto.


CAPITOLO SESTO - IL PODIO Il primo posto era scontato già da prima che scoppiasse il casino del plagio - non plagio. Dopo il casino avrei scommesso un euro e ne avrei vinto mezzo. Davvero, il primo posto di Meta e Moro per me è l’unica nota negativa del Festival. Lo Stato Sociale sono arrivati secondi, in linea con la tradizione (rotta solo l’anno scorso da Gabbani) che non vuole che una canzone allegra e scanzonata arrivi al primo posto. A me non sono piaciuti, però non posso negare il fatto che abbiano portato sul palco aria fresca, spettacolo e verve. Il “coglioni” che credono di aver sdoganato... bah... Mauro Pagani nell’89 cantò “Fanculo all’esclusiva, Fanculo alla tv”. Annalisa è giovane, bella e canta benissimo ma è rimasta schiacciata dallo Spettacolo e dall’Impegno degli altri due contendenti. Peccato perché stavolta aveva azzeccato la canzone (ma non lo stilista e il curatore dell’immagine).


CONCLUSIONI Un uomo che non fa televisione per mestiere ha portato novità in televisione. Ha cantato troppo? Ha costretto gli ospiti a cantare le sue canzoni? Il pubblico ha apprezzato, per cui ha avuto ragione. Ha azzeccato quasi tutto, quello che non ha azzeccato comunque non ha creato problemi. Ha alzato lo standard per chi verrà l’anno prossimo. Ha costretto gli autori televisivi e non a prendere appunti. Spero però che ora non ci prenda troppo gusto. Si può fare buona televisione. Si possono fare grandi ascolti con la qualità, non bisogna per forza metterci scandali, casi umani, pornografia sociale, farfalline. Chapeau.


PS: Un ultimo pensiero lo voglio dedicare a Maria Gabriella Capparelli, anchor woman del tg1, che ha giovato degli enormi ascolti del Festival per farsi conoscere, tanto che per la serata di sabato, durante il “lancio” del tg, ha sfoggiato un rossetto rosso fuoco che ha messo ancora più in risalto il suo sex appeal da donna calabrese dal sensuale fascino latino.

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Buona Giornata,
Bac

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